Lavoro da casa: concentrazione o distrazione?

Giuseppe CodeluppiArticoli

Lavoro da casa: concentrazione o distrazione?

Questo momento in cui tanti di noi si ritrovano a lavorare in una modalità nuova e per certi versi insolita può essere un’ottima occasione di analisi e riflessione su come utilizziamo la nostra attenzione bombardata da continue interruzioni e distrazioni dovute a notifiche, e-mail, messaggi per non parlare dei social in generale.

Il Multitasking a cui siamo ormai obbligati non favorisce certo la concentrazione: siamo biologicamente più portati nell’elaborazione seriale piuttosto che l’elaborazione parallela.

L’organizzazione del lavoro oggi contrasta con la capacità ci concentrazione e quindi di qualità; passare da un progetto all’altro impedisce alle persone di mantenere la totale attenzione.

Già nel 1971 il Premio Nobel Herbert Simon aveva ben esposto che “In un mondo ricco di informazioni, la ricchezza di informazioni significa una scarsità di qualcos’altro: una scarsità di qualunque cosa le informazioni consumino. Ciò che consuma l’informazione è piuttosto ovvio: attira l’attenzione dei suoi destinatari. Quindi una ricchezza di informazioni crea una povertà di attenzione e la necessità di assegnare tale attenzione in modo efficiente tra la sovrabbondanza di fonti di informazione che potrebbero consumarlo.”[1]

Sophie Leroy[2], ha dimostrato che quando si passa da un compito all’altro, la piena attenzione non segue immediatamente: rimane un residuo di attenzione sul primo compito. “Le persone che riscontrano residui di attenzione dopo il passaggio da un’attività all’altra probabilmente dimostreranno scarse prestazioni in quella successiva”.

Esiste, inoltre, una base neurologica per il modo in cui la concentrazione produce miglioramenti in tutto: dal suonare uno strumento musicale alla risoluzione di problemi complessi.

Cal Newport[3] sostiene, come tanti altri studiosi, l’effetto corrosivo di Internet sulla nostra capacità di concentrazione; utilizza l’espressione “router umani” per definire il ruolo lavorativo di coloro che lavorano subissati di email e messaggi, generando abitudini superficiali e allontanando l’individuo dallo sviluppo di nuove strategie aziendali o lavori di importanza superiore “rivelando un’enorme opportunità economica per i pochi che riconoscono il potenziale di resistere a questa tendenza e dare priorità alla profondità”.

Più fai qualcosa, più sviluppi lo strato di mielina tissutale attorno ai circuiti corrispondenti. “Essere bravi in ​​qualcosa è essere ben mielinizzati”, scrive Newport. “Questo uso ripetitivo di un circuito specifico innesca cellule chiamate oligodendrociti per iniziare ad avvolgere strati di mielina attorno ai neuroni nei circuiti, cementando efficacemente l’abilità”.

Riferimenti

[1] Simon, Herbert (1971). Designing Organizations for an Information-Rich World: In Martin Greenberger (a cura di) Computers, Communications, and the Public Interest, 38-72. Baltimore: Johns Hopkins University Press, 1971, pag. 40-41
[2] Leroy, Sophie (2009). Why is it so hard to do my work? The challenge of attention residue when switching between work tasks. In Organizational Behavior and Human Decision Processes. 109, 168-181.
[3] Newport, Cal (2016). Deep work: rules for focused success in a distracted world. London, Piatkus

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